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È all’ufficio del governo palermitano che le imprese pugliesi, «Tecnoscavi», «Leone Antonio», «Lucia», «Smea», «Calò Multiservizi», «Piero Lacaita», «Feni Edil», «Omc», «Edilpref» e «Carrieri», indirizzano da mesi continui solleciti di pagamento, tutti senza risposta. A battere cassa, oltre alle private, è anche la società pubblica per l’energia elettrica che lì ha realizzato due grosse cabine per lo scambio dell’alta tensione. «L’Enel può attendere ma noi e tutti i nostri dipendenti (circa 150, nda), rischiamo davvero il tracollo», insistono i titolari delle società, «fortunati» beneficiari delle commesse senza bando di gara. Un collaudato meccanismo di chiamata diretta, ben giustificata dall’emergenza, su cui il partito radicale aveva anche puntato il dito con un’interrogazione firmata dal deputato Maurizio Turco. Il parlamentare radicale chiedeva quanto fosse costata l’opera e quali erano state le procedure di affidamento degli appalti. Nella stessa interpellanza all’allora ministro Roberto Maroni, Turco chiedeva anche «con quali tempi s’intendevano liquidare» le commesse. Tutti quesiti che non hanno ricevuto risposta e non ne avranno per i noti avvicendamenti nel governo nazionale.