Si né ssùta ti casa (Se n'è uscita da casa).
Detto di quando una ragazza scappava via col fidanzato. Fatto considerato gravissimo, di cui se ne parlava in giro per molto tempo, come se si trattasse di una vergognosa disgrazia. I familiari della giovane non si facevano vedere in giro perchè dicevano di avere "la facci tagghiàta ti la virgògna" (la faccia tagliata dalla vergogna), per cui non volevano vedere e ascoltare nessuno. Giuravano di non volerla più vedere, di non perdonarla mai e che non le avrebbero dato "màncu nnà pèzza" (neppure uno straccio) per dote.
La ragazza, a sua volta, sapeva di averla fatta grossa e si affidava a qualche parente o amico capaci di interporre i loro buoni uffici per riappacificarsi coi genitori. Ma questi ultimi non volevano saperne, resistevano nonostante avessero il cuore a pezzi. Così passavano i giorni, a volte mesi, fino a quando arrivava qualche festività importante, come Natale o Pasqua, quando i sentimenti religiosi disponevano la gente al perdono. Era allora che la ragazza insieme al promesso sposo si presentava a casa dei genitori, i quali erano alquanto preparati a riceverli e magari alla presenza di familiari stretti, i quali si facevano trovare lì come per caso.
Il momento era particolare, oltremodo carico di tensione ed emozione. La ragazza entrava a capo chino, abbassando lo sguardo con aria sommessa. Poi, fra la paura e l'emozione, incrociava lo sguardo con quello del padre, gli andava incontro abbracciandolo e pronunciava la consueta frase: "Pirdònimi nnò lu fazzu cchiui!" (Perdonami non lo faccio più)...come se lo avesse potuto fare pure un'altra volta!
La scena, nella sua semplicità, era molto commovente ed i presenti si scioglievano in lacrime di gioia abbracciando gli sposi, i quali rimanevano felici e contenti ed io... mi nnì venni e nnò seppi cchiù niènti. (Fonte: Proverbi, detti e modi di dire oritani, di Damiano Pipino - Ed.Archeo 2000)
La ragazza, a sua volta, sapeva di averla fatta grossa e si affidava a qualche parente o amico capaci di interporre i loro buoni uffici per riappacificarsi coi genitori. Ma questi ultimi non volevano saperne, resistevano nonostante avessero il cuore a pezzi. Così passavano i giorni, a volte mesi, fino a quando arrivava qualche festività importante, come Natale o Pasqua, quando i sentimenti religiosi disponevano la gente al perdono. Era allora che la ragazza insieme al promesso sposo si presentava a casa dei genitori, i quali erano alquanto preparati a riceverli e magari alla presenza di familiari stretti, i quali si facevano trovare lì come per caso.
Il momento era particolare, oltremodo carico di tensione ed emozione. La ragazza entrava a capo chino, abbassando lo sguardo con aria sommessa. Poi, fra la paura e l'emozione, incrociava lo sguardo con quello del padre, gli andava incontro abbracciandolo e pronunciava la consueta frase: "Pirdònimi nnò lu fazzu cchiui!" (Perdonami non lo faccio più)...come se lo avesse potuto fare pure un'altra volta!
La scena, nella sua semplicità, era molto commovente ed i presenti si scioglievano in lacrime di gioia abbracciando gli sposi, i quali rimanevano felici e contenti ed io... mi nnì venni e nnò seppi cchiù niènti. (Fonte: Proverbi, detti e modi di dire oritani, di Damiano Pipino - Ed.Archeo 2000)

Dopo vari contrasti familiari si decideva “L'assuta ti casa”: Si prendevano accordi con un parente disposto a prendere in casa la coppia scappata, si avvisavano parenti compiacenti, si organizzava il viaggio, a volte in bicicletta, e poi si scappava. La fuga era un modo per placare i conflitti attraverso il fatto compiuto e generare tra le famiglie contrastanti un sentimento di pace e tregua. A questo punto il consenso dei familiari diventavava inevitabile.
Per amore comunque si scappa ancora oggi, come dimostra il seguente video: