venerdì 8 febbraio 2008

EMERGENZA PIDOCCHI E ORIGINI DI UNA 'NGIURIA



Anni addietro il Quotidiano pubblicò uno speciale dal titolo BABBARABBA’ ED ALTRI ANCORA, i soprannomi paesani nelle tre province del Salento. In totale i lettori di detto giornale potevano collezionare 4 inserti che componevano detto speciale.
Sul I° inserto era riportata l’introduzione L'ALTRA FACCIA DELLA CIVILTA' riportata più avanti .
Vi è da aggiungere che ad Oria veniva dato un buon risalto in detta ricerca, tant’è che le veniva dedicata un’intera pagina. Eccola:


Gli abitanti di Oria sono soprannominati «sonacampàni» (campanari), «ccitipitùcchi» (uccidipidocchi) e «scorciacàni» (scórticacani). Ci sguazzavano soprattut­to gli abitanti di Francavilla, città che pur essendo divenuta più importante di Oria, da essa dipendeva e dipende tuttora come giurisdizione vescovile. Ed è proprio in riferimen­to alla sede vescovile che gli Oritani venivano chiamati «sonacampàni».

Nata per scorporo da quella di Brindisi sul finire del XVI secolo e suffraganea di Taranto, la diocesi di Oria rimaneva l'unico titolo che potesse esprimere una certa superiorità della città rispetto a quelle vicine, Francavilla soprattutto. Era perciò naturale che le solite ripicche di campanile accre­ditassero agli Oritani la funzione determinante di suonare le campane per un vescovo che si conside­rava da essi non meritato.
Quella di uccidere i pidocchi, «ccitipitùcchi» appunto, non si può dire che fosse un'attività esclusiva di Oria, ma tant'è: un tempo quando do­vevano appioppare un'ingiuria non si ponevano soverchi problemi. Fino a quando non furono introdotti i prodotti antiparassitari (il Ddt ne fu il capofila), infatti, era facile trovare le madri (senza distinzione di latitudine o di longitudine) che, se­dute sull'uscio di casa, il figlio accoccolato tra le ginocchia, ne esploravano con attenzione il capo in una operazione dagli esiti riconosciuti preventi­vamente come effimeri.
Gli Oritani venivano chiamati «scorciacàni» soprattutto dai soliti Francavillesi dei quali essi diffondevano senza riserbo la passione culinaria dei gatti («mangiajatti»). Ma a Oria girava in pro­prio favore l'ingiuria degli odiati vicini dicendo che chi stava in alto mangiava i cani, chi stava in basso i gatti. Nell'un caso e nell'altro non erano tempi felici per i tradizionali amici dell'uomo.
La circostanza, comunque, evidenzia una dieta che in passato era forzosamente povera di carne, e se quella dieta non voleva essere vegetariana, era costretta a puntare sui cani e sui gatti.
Alcuni soprannomi individuali
Bacóccu (prega morti), Bambiniéddhu (Bambinello), Biondina (dal colore dei capelli), Bbandónu (abbandonato), Cacaturnisi (caca soldi), Garzali ti puércu (guance di maiale), Fuchista (artificiere), Lummafuécu (fiammifero), Mangiacóculi (mangia fichi secchi), Menzarécchia (mezzo orecchio), Mulinàru (mugnaio), Patalino (piccolo vaso di creta), Pippài (fuochista), Pizzicóne (salumaio, dro­ghiere), Pizzica (da pizzicotto, piccolo), Pópputu (prove­niente dal Leccese), Rumita (solitario, eremita), Skascia-chiaùti (rompi bare, becchino), Sferracavàddhi (maniscal­co), Tatacócu (papa Cosimo).

L’ALTRA FACCIA DELLA CIVILTA’ a cura di Antonio Maglio (da un supplemento speciale de il Quotidiano)

Non storpiatevi il nome, che vi resta storpiato per sempre, urlavano le madri. Ma i ragazzi non le stavano ad ascolta­re, e imperterriti continuavano a scambiarsi ingiurie come rasoi che lasciava no lo sfregio. E duravano davvero per tutta la vita: Spaccaricotte era un fifone, Cielosereno e Contastelle guardavano sempre in aria, Bellachioma era calvo per la tigna, Bottiglione basso e tondo.
Ma non erano solo i ragazzi la zecca di questi micidiali fior di conio. L'ingiuria nasceva improvvisa in qualunque momento della vita: erano sufficienti un tic, anche un'abitudine innocente, un episodio al­l'apparenza insignificante raccontato in osterìa ai compagni di bevute per ritrovarsi il marchio. Era im­possibile sfuggirvi: e se Pippi Bellachioma se n'anda­va in America a lavorare, al suo ritorno, anche quarant'anni dopo, era Bellachioma l'Americano.
Non restavano a fior di pelle le ingiurie. Esse penetravano in profondità e si tramandavano di ge­nerazione in generazione, sostituivano il nome ricevu­to sul fonte battesimale, e più di esso sapevano indi­care chi aveva avuto la ventura di trovarsele addosso addirittura prima ancora di nascere.
Fantasia e cattiveria erano gli ingredienti di base, ai quali si aggiungevano malattie, tare e situazioni familiari, dissesti presentì e passati, amputazioni, di­sgrazie, disavventure, attributi maschili e femminili esuberanti o dimessi, funzioni intestinali difficoltose o abbondanti: tutto tornava utile. E non si aveva pietà di niente e di nessuno.
Gli stessi ingredienti venivano usati per bollare interi paesi, e autori questa volta erano i vicini della collina accanto o al di là della palude.
Tramontata l'epoca delle guerre cruente tra cam­panili, con sangue, morti e stupri, si continuò a com­battere quella delle ingiurie, meno cruenta e sangui­naria, ma ugualmente micidiale. Laterza contro Castellaneta, Taranto contro Martino, Brindisi contro Mesagne, Parabita contro Mutino, e dalle artiglierie vocali di ciascun paese si sparavano bordate a suon di cornuti, mangiarospi, minchioni, giudei e scomuni­cati, figli di Turchi e figli di muli, cacafave e campa­nari, gatti, stregoni, porci e scannapidocchi.
Altri tempi. Non c'era l'omologazione - diremmo oggi - portata da radio, televisione e giornali, e l'uni­co mezzo di comunicazione di massa era il barbiere, cronista per vocazione che quando c'era da correre dietro a una notizia lasciava a metà il volto insapo­nato del cliente. Tornava, quel barbiere, con la notizia già bella e confezionata, pronta per essere diffusa al fremente auditorio dei curiosi, ma da quel momen­to poteva fregiarsi di un nuovo nome: «Mezzabarba». E «Mezzabarba» era un figaro mesagnese.
Non c'erano automobili e treni per collegare gli oltre cento comuni della Terra d'Otranto: c'erano asini e muli soprattutto (i cavalli erano appannaggio solo dei signori), insostituibili mezzi di trasporto e anche riserve alimentari. Ed ecco che «mangiaciucci» e «mangiamuli» erano gli abitanti di quei paesi dove più intensa era l'utilizzazione di questi preziosissimi quadrupedi E poi tante paludi, che solo la bonifica ha trasformato in campi coltivabili. Ma nelle paludi c'erano rane e rospi, e perciò rane e rospi erano pure gli uomini che dividevano con essi i miasmi delle acque stagnanti. Nella migliore delle ipotesi, quegli uomini erano chiamati «ventri bianche» per via del colorito cereo causato dalla malaria. E se pensiamo che di malaria allora si moriva, quell'ingiuria era una sorta di «de profundis».
Erano tempi di profonde animosità tra paesi: ge­losie di mestiere, antichi rancori, vecchi conti da sal­dare, questioni di donne portate via dai «forestieri», tutto contribuiva da una parte a rompere i ritmi lenti di una società contadina e di una cultura costruitavi su misura, dall'altra a favorire momenti di complice aggregazione tra gli abitanti di uno stesso paese e ad armarne lingua e fantasia contro quelli dei paesi vici­ni. E quando non c'erano fatti veri a cui appigliarsi e da ingigantire, ecco l'aneddoto inventato di sana pianta, la cattiveria gratuita, efficaci tuttavia, l'uno e l'altra, a raggiungere lo scopo: ferire, burlare, scredi­tare, mandare in bestia. L'ingiuria nasce così.
Era gente agra, permalosa, costretta a orizzonti angusti, che la marginalità geografica, la difficoltà dei trasporti e le politiche dominanti tenevano lonta­na dai processi di trasformazione che investivano il Paese.
Eppure era gente solare, che aveva saputo tra­sformare la marginalità geografica in centralità cultu­rale riuscendo a esaltare la specificità della propria storia, che è storia antica. Qui si sono susseguiti Messapi, Magnogreci, Romani, Normanni, Bizantini e Saraceni, Turchi e Spagnoli e ciascuno ha lasciato tracce profonde che sono rimaste nell'indole, nell'ar­chitettura, nell'urbanistica. Gente arrogante, sotto certi aspetti, convinta di non aver bisogno dei proces­si di innovazione considerati pericolose deviazioni da modelli sociali consolidatisi per secoli.
Pur arroccata nelle proprie certezze, questa gente è riuscita a incuriosire e a far parlare di sé lì dove l'Europa era più vicina. Guardata prima con sospetto, poi con interesse ha saputo riproporre in tempi moderni l'impresa dei Greci che conquistarono i Ro­mani con la propria cultura dopo esserne stati con­quistati con le armi. Gli altri italiani scoprirono allo­ra che qui l'Occidente non aveva abdicato, ma si era congiunto all'Oriente che tuttavia non era riuscito a diventare egemone; capirono che era impresa stolta civilizzare i tenoni, già splendenti di una civiltà raffi­nata e tutt'altro che subalterna, anche se per certi versi incomprensibile.
Di quella civiltà le ingiurie sono parte integrante, e lo sono da tempi lontanissimi. Qui sono sopravvis­sute perché più lento è stato il processo di omologa­zione, più faticose le consapevolezze nazionali ed eu­ropee. Ma il fenomeno non è sconosciuto in altre regioni e in altre epoche: micidiali sono tuttora gli scambi di invettive tra Pisani, Fiorentini e Livornesi; non meno feroce degli attuali fu quell'epiteto di Cice­rone dato dai Romani al loro prìncipe del foro che aveva sul naso un porro a forma di cece. Di nome faceva Marco Tullio, ma è l'ingiuria che è arrivata fino a noi. Forse la più antica e la più dissacrante: l'avvocato era un uomo che si prendeva tremenda­mente sul seno.
Ma oggi i tempi sono cambiati: i giovani non sanno più con quale vero nome erano conosciuti i loro padri e i loro nonni; quelli di Erchie non sanno forse di essere stati soprannominati «uà-uà» per seco­li, quelli di Alessano «giudei» e quelli di Castellaneta «statue». E probabilmente non sanno nemmeno per­ché. Il nostro lavoro ha cercato di colmare queste lacune e di dare uno spaccato della nostra storia meno aulica ma non per questo meno autentica. Tut­tavia bisogna capire alcuni meccanismi.
Diciamo anzitutto che non abbiamo voluto fare un'operazione scientifica: non era nostro compito. Noi siamo giornalisti, e da giornalisti siamo andati alla ricerca della notizia, l'ingiuria in questo caso: ne abbiamo trovate 145, tanti quanti sono i comuni delle province di Brindisi, Lecce e Taranto i cui abitanti erano indicati e conosciuti proprio con quelle ingiu­rie. Di esse abbiamo raccontato le origini stanche e leggendarie, e sono storie e leggende tutt'altro che ple­bee: non a caso i primi antropologi che si occuparo­no del fenomeno parlarono di autentici «blasoni po­polari», termine trasformato in «soprannomi paesani» da Raffaele Lombardi Satrìani nei suoi studi agli ini­zi del secolo.
Ma non ci siamo fermati qui: siamo andati a cercare i soprannomi più curiosi di individui o di intere famiglie all'interno dei singoli paesi, e ne ab­biamo trovati a migliaia. Un terreno fertilissimo nel quale la fantasia si è scatenata.
In quest'opera di ricerca, che abbiamo comincia­to all'inizio dell'estate, ci sono stati di valido aiuto il “dizionario storico dei soprannomi salentini” del te­desco Gerhard Rohlfs e una miriade di testi di autori locali che abbiamo consultato i cui titoli pubblichere­mo alla fine del lavoro (sono stati programmati quat­tro fascicoli) per chi vuole saperne di più. Ma Rohlfs e autori locali hanno fornito solo la traccia, perché poi abbiamo dovuto approfondire ogni indizio, ag­giornare le indicazioni, correggere immancabili ine­sattezze e soprattutto scrivere storie spesso mai scritte.
Un'ultima doverosa annotazione: in alcuni casi e presso la gente più anziana le ingiurie hanno ancora un significato offensivo. Noi non abbiamo voluto of­fendere nessuno, tant'è che pur conoscendo i nomi propri delle persone alle quali quelle ingiurie si riferi­scono li abbiamo omessi di proposito: a noi, vale la pena ripeterlo, interessava il fenomeno, che ha preci­se connotazioni antropologiche e che con taglio scientifico è entrato ormai negli istituti universitari.
Lungo il cammino di questa nostra faticosa ri­cerca abbiamo avuto più volte la riprova di quanto quegli epiteti brucino ancora: un giorno - e questo è uno dei tanti episodi - abbiamo chiamato a telefono il gestore dell'unico bar di un paesino (è conosciuto come un'autorità in materia) e gli abbiamo chiesto di aiutarci a integrare le ingiurie individuali dei suoi compaesani. L'uomo accettò, ma parlava a voce bassissima, in maniera quasi incomprensibile. Al re­dattore che lo pregava di alzare il tono, rispose: “Non posso: quelli di cui le sto dicendo l'ingiuria sono tutti qui nel bar, e se mi sentono io chiudo bottega”.
Ciò detto, ecco il nostro lavoro. Il lettore potrà incuriosirsi e divertirsi, qualcuno potrà anche invele­nirsi. A nessuno tuttavia potrà sfuggire il pragmati­smo spigoloso di questa gente che, ferita nella propria suscettibilità, ha saputo ricambiare con la stessa ar­ma, sicché da questa guerra micidiale ma incruenta nessuno è uscito vincitore o vinto. Ed è questa l'altra faccia della civiltà.


La lettura di detto speciale mi diede l'input di fare una raccolta di soprannomi oritani di ieri e di oggi, intervistando anche varie persone anziane. Ecco il risultato:

Addoi
Africanu
Bacoccu
Balanti
Ballunaru
Bambinieddu
Bambinu
Bandonu
Baracchinu
Barattieri
Barbaticani
Barracanu
Basittoni
Bastioni
Battaria
Billoni
Biondina
Bissinese
Bizzuecu
Bofa
Bompacatu
Bongu
Brasciola
Bricculinu
Brighella
Brilla
Brillanti
Brittula
Bruska

Bullicchia
Bunghiri
Buttoni
Cacaluzzu
Cacatuestu
Cacaturnisi
Caconi
Calamita
Caletta
Cambaloni
Campalacasa
Camputifiori
Cannoni
Cannulicchiu
Canzedda
Caponi
Cappiddaru
Cappottu
Capuluengu
Caputacieddu
Caputibomba
Caputicosti
Caputimattoni
Caputunnu
Capuzzella
Carcalupalu
Carcapaddi
Cardilloni
Cardillu
Cargiomu
Caribaldi
Carisciola
Carzalitipuercu
Casapagghiara
Catinazzu
Cauertu
Cauru
Cazzotofuli
Cazzottu
Cchiappacani
Cchiappamoschi
Chiacchiara
Chiacchiarinu
Chiachai
Chianca
Chiaodda
Chiccarieddu
Chiricoccia
Chiummu
Ciarlatanu
Ciarloni
Ciccaroni
Cicchirinella

Cicorachiara
Ciccotto
Cilardu
Cilistrinu
Cinculiri
Cinesi
Cintesimu
Cintroni
Cipodda
Cistunaru
Coculeu
Coprisella
Cotula-cotula
Cozzamatedda
Cranatedda
Cristupiccinnu
Cuccutiu

Cucundea
Cucuroni
Cucuzza
Cucuzzina
Culettu
Culoni
Cumuni
Cunigghiu
Cuppitedda
Cuppulinu
Cuppuloni
Curicieddu
Curvinu
Dirlampa
Faccibrutta
Facciulata
Faioni
Falavetta
Fammicampari
Fanfarra
Fanizza

Fàuzarota
Fava
Favaroni
Fierrurussu
Fiezzu
Filaseta
Firrizzulu
Fiskallaria
Fiskettu
Frangischiellu
Friskura
Frisoni
Fuconi
Fuffui
Funtanieri
Furcina
Gargassa
Gasbarru
Ghiascioni
Ghimmison
Giaccustrittu
Giardinu
Gnafulinu
Gnagna
Gongu
Granata
Iacchetta
Iaddina
Iaddinedda
Iadduzzu
Iaiai
Iamaka
Iamidda
Iamma fredda
Iamma ti pagghia
Irchiulanu

La barbaredda
La bedda
La botta
La carella
La chiancatara
La chiccaredda
La cinera
La ciola
La curelli
La curnuta
La ffrincu
La fumosa
La iattodda
La magliaia
La mata
La micieddu
La minnicu
La monica
La morti
La munnu
La paccia
La patali
La penda
La pepei
La pezzipezzi
La piccionna
La pirelli
La piruddu
La pita
La pittori
La pizzenti
La poppita
La puei
La ricotta
La rossa
La sguizzara
La stantata
La surda
La tococculi
La vindrisina
La vorza
La zeza
La zzecca
Lampascioni
Larcioni
L'ascianesi
La Squacqua
Lavecchia
Lillà
Llanatu
Lu barbutu
Lu baresi
Lu burri
Lu cacca
Lu chiuddu
Lu curnutu
Lu fascista
Lu ffrincu
Lu fuchista
Lu furnaru
Lu furnaru
Lu gnuru
Lu iertu
Lu lupu
Lu macu
Lu magnu
Lu manzu
Lu masciaru
Lu musciu
Lu mutilatu
Lu neru
Lu pacciu
Lu pilla
Lu pitrugliaru
Lu pizzicaluru
Lu pupu
Lu rizzu
Lu rumitu
Lu russu
Lu sannutu
Lu santu
Lu scitta
Lu sciummutu
Lu skumatu
Lu uau
Lu uegghiu
Lu vangilista
Lu zzueppu
Mafuecu
Magghiulu
Magliatoru
Malannata
Mammafuntana
Mancinaru
Mangiacoculi
Mangiafichi
Mangiamaccarruni
Mangiammerda
Mantavecchia
Manumuzza
Massaruscuazatu
Mazzacurta
Mbisci mbasci
Mbrugghioni
Menzamira
Menzapurzioni
Menzarecchia
Mestruloffiu
Micio
Mienzuchilu
Mienzumiglioni
Miloscia
Minconi
Montiparanesi
Monzignori
Mpiddaluru
Mpusimatu
Mulinaru
Muloni
Muscagghioni
Muscuvitu
Musitilepri
Musitipuercu
Nantimantili
Naskoni
Nasummucatu
Ndricchia
Ndrizza
Ngannameli
Ngicconi
Nneccula
Nnicchiriddoni
Ntappaluru
Ntippiti
Occhialone
Ombra
Ombrelloni
Oritano
Paccalettu
Pachistano
Paciuddu
Paddoni
Pagghialuru
Pagnotta
Pallinu
Paniticranu
Pantaglioni
Papapilustru
Paparascianni
Paparoni
Paperino
Paponi
Passaricchiu
Passavanti
Patalinu
Patanaliscia
Pau-pau
Pecorino
Perchia
Pertica
Pignatedda
Pilea
Pilinu
Pilucacatu
Pilurussu
Pinnarieddu
Pinzu
Pioni
Pipaluru
Piponi
Pippai
Piricuccu
Pirinieddu
Pisaturu
Pisciacani
Pisciallachiazza
Piscialora
Pisciapizzuli
Pisieddu
Pistola
Pistoni
Pitarieddu
Pitatedda
Pitoccu
Pitozza
Pitta-pitta
Pittella
Pitulinu
Pizzaredda
Pizzaruta
Pizzatoru
Pizzichicchiu
Pizziconi
Pizzilletta
Pizzuccula
Pizzulatu
Pizzuruddinu
Poi-poi
Pomma
Popri-popri
Porcusaponi
Poscia
Ppueppulu
Principinu
Provuli e chiummu
Puddosa
Pui-pui
Pummitoru
Pundalora
Pupatipezza
Purconi
Puricinu
Puzzafichi

Quagghiafai
Quagghiarella
Quagghiulu

Rabbinu
Rachela
Rashkapareti
Recchiticani
Reppiccinu
Reppi-reppi
Reppupinu
Reusi
Ricciunella
Ricopoma
Rizzitieddu
Roculi
Russitieddu
Ruzzulaturu
Sabbatinu
Sacristanu
Saietta
Saletta
Santuroccu
Santutipetra
Sardoni
Sborzu
Scannaciucci
Scappauertu
Scaracciu
Scardalana
Scardapani
Scarpabrutta
Scarparieddu
Scarpatiseta
Scarpinu
Scarpioni
Scatorcia
Sciabbula
Sciascia
Scittatieddu
Scrascia
Scuezzu
Sculatora
Scurciulu
Setticasi
Settirani
Sguinfulu
Siccatedda
Silenzio
Sittimana
Skaffoni
Skasciachiauti
Spaddera
Spalanzinu
Spennacioli
Spinieddu
Spisianu
Spizzatieddu
Spurtillu
Stazza
Stincasa
Strifulu
Stuezzu
Stuppieddu
Suchillu
Suennu
Sumenti
Surgicchiu
Svevo
Tacconi
Taddei
Tatachiccu
Tatacocu
Tatulla
Ti abeli
Ti annibbili
Ti botta
Ti camillu
Ti carlicchiu
Ti checca
Ti chiummu
Ti cintunicola
Ti cuccu
Ti cueru
Ti fanodda
Ti filuteu
Ti gisueli
Ti la chiantata
Ti la funtana
Ti la sola
Ti l'acqua
Ti l'apu
Ti li baugli
Ti li bombuli
Ti li carosi
Ti li cosigghiusti
Ti li fichi
Ti li fogghi
Ti li sumienti
Ti lu casellu
Ti mbrosiu
Ti narduvitu
Ti nuei
Ti pampana
Ti pilu
Ti pinnu
Ti pizzicu
Ti puzanu
Ti puzzu
Ti targisa
Ti taviddi
Tispirata
Tocicali
Tomma-Tomma
Trebbastuni
Trentanni
Trestelli
Trimmoni
Trinchera
Tripuzzesi
Trumboni
Tuppillu
Tuttucicci
Tuttuculu
Uecchi chiusu
Uecchi iancu
Urponi
Vardaru
Vocca ti cioccia
Vocca ti pastina
Zarafinu
Zilanti
Zizuddu
Zucamillu
Zzippitieddu
Zzippu
Zzurfinu

Zzuzzù
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TUTTI I DIRITTI RISERVATI.P.S.: Spero di aver fatto cosa gradita ai miei lettori, in particolari ai giovanotti.
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