giovedì 1 ottobre 2009

Piaccia o non piaccia a QUALCUNO questo oritano è un artista !

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Antonio CARAGLI

Con piglio forte aggredisce la materia, qualunque essa sia e la domina con formidabile plasticità ottenendo forme per le quali sembra quasi lottare. Ogni sua opera scultorea appartiene ai suoi arcaici gesti con cui modella, scolpisce, modifica e addolcisce la materia per ridurla al suo volere. Ogni sua scultura è frutto originale della sua splendida fantasia che l’assorbe completamente mentre lavora, diventando restio alle spiegazioni parlate, in quanto con i suoi plastici risultati, le opere rispondono poi ad ogni interrogativo che gli si vorrebbe fare.
Le figure sono sempre al centro dei suoi interessi e con esse ha quasi stabilito un rapporto prediletto, per cui si piegano al suo volere con duttilità, fantasia ed estrosità. Le forme espressivamente confinano con le immagini e allo stesso tempo si allontanano per affermare qualcosa d’altro, percepibile alla sensibilità degli astanti.
L’osservatore delle sue opere entra in gioco nel meravigliarsi delle soluzioni ma al contempo per ammirare le forme che di volta in volta sono sempre diverse nella sua sintesi costruttiva. Il Caragli quindi nel combinare i materiali e le forme entra “dentro la materia”, che si plasma e si uniforma al suo volere.
I suoi bronzi vigorosi, tormentati, che via via assumono dimensioni e forma, mostrano il suo fare arte fantasioso legato alla costruttività delle forme e del movimento come se animate dall’interno. Esse vivono da sole per proporsi autonomamente a noi.
Un’arte che sembra un fiume in piena per le idee che riversa nelle sue creazioni, una sensazione di legittima libertà non solo dell’agire ma anche del pensiero sino ad avvicinarsi al concetto artistico del “Costruttivismo”.
Bravo Antonio! Sii fedele alle tue libere idee, perché il tuo vissuto sia sempre manifestamente evidente nelle tue opere.
Prof. Antonio Benvenuto (in data 25.7.2009 in occasione inaugurazione Personale di Pittura – Palazzo Martini Oria)
(Antonio Benvenuto, attualmente in pensione, docente di Disegno e Storia dell’Arte presso il Liceo Scientifico di Oria. Da anni si interessa attivamente di Beni culturali, curando i 5 volumi dei Beni culturali della città di Latiano (Brindisi). Benvenuto ha diretto per 30 anni la Biblioteca Diocesana di Oria e ha contribuito ad istituire la Biblioteca di Latiano. Ha catalogato i Beni culturali del Comune di Villa Castelli e nella sua lunga attività ha diretto numerosi progetti di lavoro presso la Diocesi di Oria, finanziati con leggi statali e regionali. Ha inoltre offerto il suo impegno per l’istituzione del Museo Diocesano di Oria. Collabora con varie biblioteche comunali della provincia di Brindisi.)
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Quando l'arte nasce dalla sofferenza.
Un viaggio onirico, alla ricerca di un equilibrio spesso irraggiungibile e al tempo stesso agognato: impossibile, ma quasi a portata di mano.
La prima opera monumentale di Antonio Caragli nasce da un dramma intimo che coinvolge quasi per caso l'Artista, ma che finisce per trasformarlo nell'ideale interprete di quello che può essere certamente definito un dolore universale.
L'idea centrale è quella del "Lavoro", condizione necessaria per raggiungere qualunque obiettivo professionale ma anche umano. Un «lavoro» che perfino nella tragedia diventa l'esaltazione di uno stato d'animo.
Un'incudine e un martello, metafore dal suono metallico di una vita faticosa e dura che si snoda intorno ad un percorso irto di insidie, ma mai sterile di soddisfazioni e gioie. Attrezzi di un mestiere che può perfino portare alla morte, ma che paradossalmente significano vita. Tra i due elementi, in primo piano, qualcosa di più di una figura umana. In un volto che sembra emergere da una radicata cultura che ha origini antiche c'è la storia millenaria dell'Uomo, che resta ancorato alle sue radici più profonde e che cerca costantemente una nuova verità: anche quando questa si scopre matrigna, più che materna.
Nell'opera di Caragli ci sono i classici, sia pure fusi con una modernità impressionante per il crudo realismo che trasuda da ogni parte del suo lavoro. Bisogna osservare la scultura in ogni suo dettaglio per capire esattamente cosa si celi dietro ogni particolare, anche quello che appare trascurabile.
Lo scarpone di lavoro («conquista» di tante battaglie nel nome di una sicurezza mai garantita) si contrappone al piede nudo e la dice lunga sull'inevitabile dicotomia della vita: sempre orientata verso il bene, ma che è costretta a convivere con le insidie del male. Una vita che si divide costantemente per poi provare a ritrovarsi. Ma in quella diversità scorre anche il tempo, che tutto trasforma senza nulla cambiare.
Quella figura che sembra poggiare sull'incudine è un simbolo che non può lasciare indifferenti, a cominciare dalla posizione. Il suo protendersi in avanti, restando in qualche modo ancorato alle radici, è il segno di una volontà di cambiamento che resta nei sogni più che sconfinare nella realtà. Sogni che appartengono a tutti e che rendono la vita meno difficile, solo quando sono sostenuti dalla speranza di una metamorfosi che pure qualche volta è possibile. Sogni che, talvolta, si interrompono all'improvviso e contro la nostra volontà lasciando un vuoto angosciante nel quale è facile smarrirsi.
Come sembra smarrirsi lo sguardo attonito ma deciso - di chi ha in mano i ferri del mestiere come l'antico gladiatore impugnava la spada. Caragli, con la sua opera, riesce a cogliere una speranza. È tutta nella perfezione di una sfera che è al centro del (suo) mondo, attorno alla quale ruota un universo pronto a vivere di luce propria anche quando tutto intorno è avvolto dalle tenebre. In quella sfera si manifesta un equilibrio interiore basato su esperienze fondanti e assolutamente necessarie nel nostro mondo, in cui non esiste più tradizione e siamo soggetti a continui cambiamenti che non sempre riusciamo a controllare.
Tutto intorno, le mani dell'Artista plasmano la figura umana quasi con sofferenza, facendo emergere particolari che la rendono viva: quasi come si muovesse in un mondo tutto suo, ma che appartiene a tutti. Un'opera d'arte che - nella sua crudezza -ha qualcosa di spirituale che Caragli trasmette partendo da una tragedia per arrivare a una speranza.
Dr. Vincenzo Sparviero, Giornalista e scrittore, (in data I° febbraio 2009 – Inaugurazione Monumento Caduti sul Lavoro - Oria)
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