giovedì 17 aprile 2008

LA PAROLA ALL'ESPERTO

Ciao Franco, come stai? Tutto bene? Ricordati che ti seguo sempre on line e devo dirti che sei proprio forte, eh sì sei proprio forte. Io sono con te e condivido ogni tua presa di posizione sullo stato di cose del nostro amato paese. Vabbè, veniamo a noi: leggendo il blog ho notato che hai inserito il volantino inviatoti da un certo "un.oritano"relativo al partito democratico e più in dettaglio al fattore scatenante la riduzione del nostro potere d'acquisto, ovvero il brent. Ora ti scrivo nel dettaglio cosa davvero sta accadendo alla nostra economia, e mi permetto di farlo in quanto sono un Equity Analyst presso una banca d'investimento e di conseguenza mangio pane e mercati finanziari 24 H al dì. Innanzitutto inizio col dire a te e a chi ha pensato bene di scrivere sul volantino che tutti i mali derivano dall'eccessivo upside del prezzo del brent che tutto ciò è vero, ceteris paribus, nel senso che i fattori coinvolti nel trend economico sono numerosissimi e, seppur con pesi differenti, stanno generando la fase quasi recessiva che tutte le economie mondiali potrebbero attraversare nel breve termine. Vado a delinearti un altro problema, abbastanza serio per lo sviluppo delle attività imprenditoriali e soprattutto per la politica di import-export dei prodotti finiti. E' innegabile infatti l'ottimo risultato raggiunto dai produttori brasiliani del minerale di ferro che, nei negoziati annuali conclusisi il mese scorso circa, hanno spuntato dalle acciaierie giapponesi e coreane un aumento di prezzo del 65%, superiore al 40% di crescita del prezzo dell'oro nell'ultimo anno. L'aspetto più interessante dell'ennesimo incremento del ferro è che il prezzo negoziato riflette il rapporto tra produzione e domanda finale. L'aumento del ferro garantisce quindi che il petrolio (nuovo record a USD 114) e la ripresa sprint dei materiali non ferrosi, preziosi e bestiame (tutti in rialzo rispetto a inizio anno) non sono il risultato di riallocazioni di portafoglio ma riflettono rapporti di forza reali tra domanda e offerta. I desk di materie prime stanno dando l'idea di vivere in un mondo vivace, con una domanda finale esuberante che non si cura del prezzo. Sembra di vivere ancora nel mondo di un anno fa che conosceva i subprime, quando li conosceva, solo come interessante opportunità di high yield. Posso continuare dicendoti se "un.oritano" sa cosa ci può dire la forza delle materie prime, dove domanda e offerta si equivalgono grosso modo. La domanda è ancora abbastanza forte in quanto le acciaierie e le società che trasformano materie prime in semilavorati o prodotti finali non sono però dotate di poteri magici tali da poter stimare la domanda finale dei loro prodotti molto meglio dei mercati finanziari. Possono quindi sbagliarsi e riempire i capannoni di materie prime che se ne resteranno lì. Prendiamo poi il petrolio: in America e in Europa la domanda è stabile da qualche tempo. La produzione industriale, del resto, è in vistoso rallentamento, ma non in diminuzione. Il riscaldamento non lo taglia nessuno, ma in Cina, invece, i consumi industriali e privati non smettono di aumentare. La domanda mondiale, quindi, sta ancora crescendo (sperando che non scoppi una bolla anche nei paesi emergenti dove presentano GDP elevati). Analizzando, poi, il lato dell'offerta va segnalato che in questi ultimi anni ci si era disabituati a guardare le cose da questo lato. Si pensava sempre che era la domanda a crescere, quindi un segno di salute, e che il CPI (inflazione) da materie prime era benigna e si autocorreggeva. Ora invece i problemi dell'offerta possono essere politici (l'embargo petrolifero del 1973 dopo la guerra del Kippur), bellici e di cartello e fortuiti (incendi, siccità), esogeni (interruzioni nel sistema dei trasporti). In questo momento c'è di tutto e bisogna distinguere tra complicazioni momentanee (qualche settimana), prolungate (qualche mese) e strutturali (anni). Le Banche Centrali considerano il lato della domanda confortante, mentre quello dell'offerta lo reputano preoccupante ma non da indurre a un ripensamento delle politiche monetarie. In Europa l'inflazione da materie prime dà più fastidio perché arriva con gli aumenti salariali tedeschi che si stanno definendo in questi giorni su livelli superiori alle attese. Le Banche Centrali non hanno, al momento, solo il problema di prevenire una recessione (o limitarne al minimo la portata), ma quello di evitare incidenti sui mercati finanziari. Per concludere, ti dico che è certo che il petrolio a questi livelli dà fastidio (considera anche il fattore speculazione che sui mercati è come il pane che mangi o come il bicchiere di vino indispensabile per non "nuticare") per l'impatto sui consumi e per una questione psicologica, ma indicare il brent come unico fattore scatenante l'inferno è davvero molto riduttivo. Ti abbraccio e continua così. Angelo Antonini (oritano che vive dove le pietre si chiamano sassi, NDR)
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