lunedì 26 maggio 2008

L'ANGOLO DEL RACCONTO.......

RACCONTO: SCHERZI DA PRETE
Fino all’età di tredici anni ho vissuto con i miei in un paesino del Salento. Di quel periodo, fra le cose belle e meno belle di quell’ambiente contadino a contatto con persone care ed affettuose, ma nello stesso tempo rudi nei modi e grezze nei sentimenti, ricordo in particolare il rapporto burrascoso che si era instaurato fra me e l’unico parroco del luogo, Don Ermete. Sicuramente la causa di ciò sarà stata che sono sempre stato uno spirito ribelle ed indisciplinato, un discolo, un attaccabrighe insomma. In ogni modo, a pensarci bene, a parte l’età, fra me e Don Ermete vi erano parecchie cose in comune nel carattere. Certamente non poteva essere paragonato a Don Giovanni Bosco e non si lasciava sfuggire occasione per “accarezzarmi” con le sue mani simili a due racchette da tennis. In paese correvano anche delle strane voci sul suo conto, pare che qualche volta abusasse al vino e che non disdegnasse fumare un sigaro Toscano al giorno. E a proposito di sigari ricordo di quella volta che Gennarino, il mio fratello maggiore, incontrò Don Ermete in un tabacchino del paese vicino. Con uno stratagemma riusciva a distrarre il tabaccaio approfittandone per prendere dei sigari esposti sul bancone ed infilarseli nelle maniche della tunica, facendo finta di niente e tenendo le mani giunte all’altezza del mento. Mio fratello, che aveva seguito la scena non visto da Don Ermete, una volta fuori dal tabacchino gli andò dietro e disse "Mi scusi padre, ma lei non è…", fu subito così interrotto: "Si figliolo hai capito bene! Sono Don Ermete e mi faccio pure gli affari miei!!" lanciando con gli occhi sguardi minacciosi che sembravano fulmini e saette a ciel sereno. Egli non si faceva mai passare la mosca sotto il naso ed era pronto a ripagare eventuali torti o scherzi subiti, nel modo tipico del “CHI LA FA L’ASPETTI”. Ricordo di quella volta che per non farsi rubare i fichi fioroni da un bell’esemplare di albero piantato nell’orto della canonica, appese un cartello ad un ramo con la scritta: "DIO VI VEDE". Nel pomeriggio, verso le tre, quando Don Ermete era intento a fare la pennichella andai col mio amico Luigino e feci una vera e propria razzia a quei fichi, che nel dialetto locale vengono indicati col nome di “CULUMMI FRACAZZANI”. Prima di andare via sul cartello con un pennarello aggiungemmo le parole “ E SI FA I FATTI SUOI!”. Nei giorni appresso Don Ermete con noi ragazzi era particolarmente nervoso ed ogni pretesto era buono per rifilarci delle sonore sberle. Dopo un paio di giorni Luigino ed io decidemmo di ritornare all’albero dei “FRACAZZANI”. Trovammo degli splendidi fioroni con una buccia lucida e ricamata che sembravano un’opera d’arte. Mangiammo tanto abbondantemente che ci venne difficile scavalcare il muro di cinta per andare via. Dopo qualche minuto fummo oggetto di forti crampi all’addome che ci provocarono violente scariche di diarrea che durarono fino a sera. L’evento fu tanto forte ed intenso che evacuammo finanche i fichi fioroni mal digeriti. I nostri genitori si preoccuparono molto ma non riuscirono a strapparci alcuna parola compromettente circa il cibo che avevamo ingoiato. Il giorno dopo passando davanti alla chiesa per recarci a scuola, notammo Don Ermete che andava su e giù per il sagrato. Vistici arrivare incrociò le braccia e, giunti nei suoi pressi, si mise a canticchiare: "DIO VEDE E PROVVEDE ED AIUTA A .....LIBERARSI L’INTESTINO DAI PECCATI!". A quel punto capimmo la causa della nostra diarrea: probabili gocce di GUTTALAX o altro lassativo iniettato nei fichi.

Autore: un oritano emigrato.
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