sabato 1 marzo 2008

NICOLA (nome di fantasia) CI INVITA A LEGGERE UN SUO SCRITTO....CONCERNENTE RICORDI ORITANI

Da piccolo avevo un fisico gracilino e nell’insieme una salute molto cagionevole. Mi ammalavo per niente, in particolare alle vie respiratorie e, spesso, trascorrevo intere settimane con delle febbricole che mi costringevano a non uscire da casa. I miei genitori, di origine contadina, appena dopo la mia nascita erano stati costretti a trasferirsi a Taranto, dove mio padre lavorava come turnista presso un altoforno dello stabilimento siderurgico e mia madre lavava le scale nei palazzi. Tutti i medici interpellati per il mio caso erano concordi nell’affermare che al mio fisico si addiceva un clima meno umido ed un ambiente nell’insieme meno inquinato di quello del capoluogo jonico. Avevo circa nove anni quando i miei decisero di affidarmi, per la stagione invernale, ai nonni materni che vivevano in una casa di campagna in agro di Oria. Di quell’inverno trascorso in quell’ambiente contadino a contatto con persone care ed affettuose, ma nel contempo grezze nei sentimenti (il nonno in particolare era burbero e taciturno) ricordo in particolare l’episodio che sto per raccontarvi. Mio nonno che fra le altre qualità aveva anche quella di essere avaro, ovvero taccagno e spilorcio, un giorno mi portò con sé in paese in occasione della molitura delle olive presso un frantoio. Con orgoglio mi spiegava le varie fasi della trasformazione di quel prodotto della campagna per ottenere l’olio extravergine presente sulle nostre tavole. Alla sera, al termine del tutto, il nonno si fece versare il "suo olio" in tre damigiane, delle quali una piccolina. "Nicolino – mi disse – tu rimani a guardia delle damigiane. Io vado in piazza a cercare un mezzo di trasporto. Mi raccomando, presta attenzione affinché non succeda nulla al nostro olio e che non si versi nemmeno una goccia. Capito?!" Il tutto accompagnato da sguardi minacciosi che sembravano fulmini e saette. Mi piazzavo quindi a guardia delle damigiane come un corazziere, pensando allo sguardo minaccioso del nonno. Dopo qualche minuto entrava nel locale un cane randagio intento ad annusare dappertutto, come fosse alla ricerca di tartufi, e, giunto vicino alle nostre damigiane alzò la zampa posteriore destra e schizzò abbondantemente con la sua urina il collo della damigianetta ad iniziare dalla sommità. Dopo tale misfatto (o dispetto?) la bestia scappò via. Subito dopo sopraggiunse il nonno, il quale non vedendomi nei pressi delle damigiane iniziò ad urlare: "Nicolino! Nicolino!". Io ancora intimidito per il cane e preoccupato per un’eventuale reazione del nonno, mi feci tutto un coraggio e gridando ad alta voce "Arrivo nonno, sono qui!", con due salti arrivai vicino alle damigiane nel mentre il nonno con l’indice della mano destra cercava di raccogliere il liquido giallastro che ancora colava lungo il collo della damigianetta, reduce dell’incursione canina. "Disgraziato! - mi disse – guarda cos’hai combinato! Cos’è successo al nostro olio?!" E senza attendere una mia risposta, così dicendo infilò il dito indice per intero in bocca, con l’intento di non far sciupare nemmeno una goccia di tanto ben di dio del "suo olio". Un istante dopo, il suo volto, già paonazzo di rabbia, si trasformò in una smorfia di nausea e disgusto. Tornammo a casa senza più scambiar parola ed a nulla valsero le numerose e ripetute domande di mia nonna circa quel nostro ostinato e perdurante silenzio. Tanto temevo il nonno che fin quando egli è rimasto in vita non ho mai raccontato a nessuno questa storia. Voi siete i primi a leggerla. -----
Nicola, nativo di Oria, emigrato.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...