sabato 5 novembre 2011

ANNO 1907, L'ING. R. BARBARO FORLEO DEFINI' IL CASTELLO DI ORIA IL PIU' GRANDE TESTIMONE DELLA GLORIA DEGLI AVI.

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Sempre grazie all'architetto Alessio Carbone pubblico quanto appresso relativo al "nostro" castello.
Articolo tratto da "Rassegna Tecnica Pugliese", Periodico Mensile del Collegio degli ingegneri e degli architetti pugliesi, 1907.

Da qualunque parte ci si dirige ad Oria, da Nord o Sud, da Est o Ovest, si scorgono da notevole distanza le muraglie di un antico Castello.
Eccelse, e coronate da acuti merli, le torri di esso s'innalzano al cielo come veri nidi di falchi. Ciò che rimane di quelle mura merlate e bastioni diroccati, dall'aspetto ardito e fiero che richiama la memoria l'antica residenza di despoti e guerrieri, non è che un misero avanzo della magnificenza e gloria di un tempo.
Ma il paesaggio, visto di lassù, risplende di sempre giovane bellezza, ed il sole d'Italia nostra dona ancora alle pianure circostanti quell'eterna primavera che le sorrise già nel medioevo.
Si sale al Castello per una strada che si svolge in rapide spire, lungo i fianchi del colle su cui l'edifìcio è costruito. Quando, nell'ottobre passato, mi recai a visitarlo, superate la breve, quanto malagevole ascesa, mi trovai di fronte al custode, il quale, esaminato bene il permesso, gentilmente concessomi dal Sindaco e dal Vescovo Mons. Antonio De Tommaso, che con amore regge da tre anni le sorti di questa Diocesi, mi permise l'ingresso.
Entrai da una porticina aperta nel lato Sud di un muro di cinta che divide il Chiostro delle Benedettine dal Maschio, e ci trovammo nell'antico fossato (intercapedine) attualmente colmo di terreno con rigogliosa vegetazione arborea e floreale. Più tardi il Monastero venne ingrandito, occupando parte dell'area del Castello col permesso certo del feudatario, il quale stendendo, dirò cosi, l'egida della sua protezione materiale sulla religione, sperò forse che questa alla sua volta più pronta lo sostenesse nel bisogno colle formidabili sue anni spirituali.
Talvolta rivali, ma più spesso concordi, l'una consolatrice di anime, l'altro sicuro baluardo della città e dei suoi abitanti, la potenza della Chiesa e quella del Feudalismo che un tempo reggevano la società, paiono ora avvolte dalla stessa rovina.
Ma la civiltà che seppellì per sempre il feudalismo, abbatterà del pari la religione cristiana?.... Questa e altre considerazioni e mille sentimenti diversi che si destano nell'animo di chi si trova ai piedi di questo maestoso edificio, non so ritrarre la mia penna, dico solo che si trova solo un senso di ammirazione dinnanzi ad una fortezza che la rabbia degli uomini e l'opera devastatrice dei secoli non ha potuto atterrare del tutto.
Dopo pochi passi mi soffermo a contemplare le mura secolari formanti contrafforte e sperone e le tre Torri equidistanti tra loro. Una di esse, e proprio quella a Nord-Ovest di forma quadrata e grande ( il cui lato prospiciente al Sud, in alto è situato avancorpo) o detta Torre Quadra, è divisa in tre piani, ed ha una travatura di passaggio, camini, trabocchetti ed arcate slanciate: dai suoi merli, narra la tradizione, per più giorni penzolò la testa del più fiero nemico di Manfredi, di Tommaso d'Oria.
Le altre due Torri di forma circolare vengono chiamate, la centrale di maggiore mole ed imponenza, Totre dei Cavalieri e nel suo lato Nord è impresso lo stemma degli Imperiali sostituito certamente a quello di Hohenstaufen; l'altra che maestosamente chiude l'estremo lato Sud-Est Torre del Salto.
Questo epiteto del Salto le venne forse dal fatto, anche oggi ricordato dai paesani, e a me gentilmente riferitomi dall'Arcidiacono D'Errico, che un principe Turco prigioniero rinchiuso colà, ne evase attaccandosi alla persona delle lenzuola che gli facessero da paracadute, e poi lasciandosi cadere dall'alto.
Solo chi guarda da questo lato Sud può abbracciare con una sola occhiata le tre torri destinate ad una difesa ed all'offesa ben fornite di cannoniere, di feritoie ed un ballatoio con a piedi una via esterna che gira attorno all'edificio permettendo di accedere, non visti, ai diversi locali sotterranei della fortezza,
Le torri descritte, dominando un largo orizzonte, davano modo alle vedette di osservare a gran distanze l'avanzare del nemico nelle circostanti valli, soggette al barone del luogo. Tra la Torre Quadra e quella dei Cavalieri si notano in alto e sotto al ballatoio due finestre praticate nella grossezza della muraglia, con davanzali e mensole (beccatelli) sporgenti in pietra, in basso poi, e corrispondenti quasi al punto medio tra queste due finestre, una saracinesca mena alla via che gira intorno alla base del Castello e con scale alla torre Quadra.
L'ingresso principale al Castello e fra le due toni cilindriche e vi si accedeva per un ponte levatoio oggi murato, e non se ne vedono che le vestigia.
Per mezzo di una scaletta scoperta, che cinge la Torre dei Cavalieri, si sale alla Caserma della Torre Quadra, ma lasciando per ora questa parte superiore della fortezza, penetriamo nell'interno terranno di essa,
Dall'ingresso principale, or ora accennato, e dallo spazioso Corpo di Guardia, si entra in un amplissimo cortile che doveva servire da piazza d'Armi, capace di più che 5000 armati.
Al vertice di questa rocca triangolare, vi è una quarta torre in gran parte minata, che dal punto ove sorge prende il nome di Torre dello Sperone, ed o congiunta alle altre da una linea di difesa, costituita a est da un muro di cinta munito di parecchie guardiole a giusta distanza fra loro, ad ovest da un ballatoio fortificato, ora distrutto, che faceva parte del palazzo del Comandante la fortezza; nell'insieme, questa fortezza, presenta l'aspetto di un vascello nuotante nell'aria, che con la prua a nord, fa magnifica mostra di sé, e perciò si dice il Castello avere la forma di una "Nave",
.... L'appartamento del Comandante la fortezza, precedentemente detto "Palazzo imperiale" era conservato bene insino a non molti anni addietro, tanto che serviva come luogo di villeggiatura alle monache del vicino convento che hanno in custodia il Castello. Ma circa 60 anni fa cominciò a ruinare e il ciclone del 21 settembre 1897, lo fini di smantellare diroccando quasi anche la Torre dello Sperone, il merlone della Torre Quadra e parte del ballatoio interno tra le due torri cilindriche.
Tra la Torre Quadrata e quella mediana dei Cavalieri, vi è una spaziosa caserma che con le sue feritoie per arcieri e balestrieri e spiragli per bombarde, provvedeva alla prima difesa dal lato Sud. Su questa caserma correva, a congiungere esse due alla terza Torre del Salto, un ballatoio munito di solidissimo parapetto per la difesa negli spazi liberi di esse, e forma come un ponte di una nave.
Il Castello era situato nel centro della linea di difesa della città, alla quale linea si accedeva mercé tre porte dette, l'una Porta Piazzella, l'altra Porta Grande e l'ultima Porta Lama.
Ora il musco e l'edera, tenacemente barbicate, rivestono le vetuste mura di questo maniero, e di tanti feroci disegni ed odii implacabili, di tante stragi, lagrime e sangue che costarono le lunghe e desolate battaglie in esso combattute, non restano a testimoniare che varie rovine.
Col De Simone N. Paladini, può dirsi:
Dormon l'eterno sonno i baroni,
dormon i conti di quei burroni
nei sotterranei giù del Castello,
che un di fu grande, temuto e bello...
Auguriamo che la generazione che sorge meglio conscia dei doveri che i nuovi tempi impongono, lo riatti e destini a opere degne della moderna civiltà. Così facendo coopereranno a preparare un migliore avvenire ai cittadini, e serberanno in decorosa maniera, il più grandioso testimone della gloria degli avi. Cosi scriveva l'ing. R. Barbaro-Forleo nel giugno del 1907.
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