sabato 20 settembre 2008

CINQUANT'ANNI FA CHIUDEVANO I BORDELLI

20 settembre 1958 – 20 settembre 2008: Cinquant’anni dopo la chiusura delle “case di tolleranza”. Riflessioni.
Daniela Santanché, candidata premier della Destra di Storace alle ultime elezioni politiche, il 28 maggio scorso ha depositato insieme a un comitato promotore tutto al femminile una richiesta referendaria per l'abolizione della legge Merlin e la conseguente riapertura in Italia dei bordelli. Con uno spolverino di lino ecru, collana di rubini, occhialoni neri Prada, la Santanché intende sfidare "i furbi e gli ipocriti" lanciando la sua provocazione: "A cinquant'anni dalla sua nascita la legge Merlin non può essere considerata un tabù. E' necessario cambiarla profondamente garantendo strade sicure ai cittadini e libertà dalla schiavitù alle prostitute".
Per il futuro la Santanché immagina "cooperative di donne" che gestiscano, sotto controllo medico e fiscale, i casini. Immediato è stato il NO bipartisan da parte dei politici i quali concordano che sarebbe un ulteriore sfruttamento di tante donne.
L'11 settembre scorso il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che configura come reato l’esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, anche al fine di meglio contrastare lo sfruttamento della prostituzione da parte di organizzazioni criminali.
Le misure sanzionatorie sono le medesime anche per chi si avvale di tali prestazioni.
Nuove e più rigorose sanzioni sono state introdotte per contrastare la prostituzione di minori di diciott’anni. Se si tratta di soggetto di nazionalità extracomunitaria, il minore che esercita la prostituzione sul territorio dello Stato verrà rimpatriato in forma assistita.
Conseguentemente verrebbe da pensare che ciò porterà inevitabilmente ad un aumento del "più antico mestiere" all'interno di case più o meno private.
Proprio in questi giorni la stampa locale ha riportato la notizia della scoperta di attività di prostituzione organizzata da un giovane laureato in economia e commercio di Lizzanello, il quale aveva affittato una camera in un Bed&Breakfast di Martano (LE), dove facevano commercio del loro corpo una giovane studentessa universitaria brindisina ed una brasiliana. Il giovane "imprenditore del sesso" ha sicuramente dimostrato una buona intraprendenza nell'utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione, utilizzando telefonini, pc e web per procacciare i clienti delle sue donnine.
Casualmente in questi giorni mi è capitato di scambiare delle opinioni in merito con alcuni concittadini anziani, i quali all'unanimità si dichiaravano favorevoli alla riapertura dei "casini", in quanto, a loro dire, una volta c'erano più controlli sanitari e di polizia. "Arrivavi lì dentro - trovavi un ambiente pulito, ti facevano lavare prima e dopo averlo fatto, non rischiavi di imbatterti in magnaccia….. insomma ti sentivi tranquillo“
Dopo alcune interviste fatte a persone della terza età ho appurato che in Oria non vi è mai stata una “casa di tolleranza” a differenza dei paesi vicini (viene ricordata quella di Torre S.Susanna, in periferia sulla via per Oria, e quella di Francavilla F.na nei pressi del Calvario). La prostituzione veniva esercitata anche in Oria ma in case private. Una era ubicata in Vico Adige (conosciuto anche come la salita della “grotta” oppure “ti li mangiacoculi”) ed in alcuni periodi era possibile notare anche la presenza di qualche “trasfertista”. Il meretricio veniva anche esercitato in una casa abbandonata sita in Via Monte Sant’Angelo a ridosso di Monte Papalucio,
di fronte all’attuale campo del torneo. Due nomi in particolare vengono ricordati di meretrici oritane di allora: Angiledda La Penda (detta anche La Barbuta) e Ncittodda La Muntanari. In base alle leggi di allora i maschi non potevano accedere nei bordelli prima della maggiore età, ovvero ventuno anni, ragion per cui chi lavorava in proprio aveva il piacere di ricevere in casa propria giovani sbarbatelli di primo pelo per affrontare e superare la loro “prima”. Mi è stato riferito che nel “casino” di Francavilla a fare da cassiera era una tale Rusina la Pizzizzara (avanti con gli anni con un passato di tutto rispetto nel più antico mestiere) e che in alcuni periodi era possibile sollazzarsi con una giovane triestina che era uno schianto (evidentemente le donnine ruotavano fra i vari bordelli della regione). Anche a Francavilla prima e dopo il 1958 si esercitava la prostituzione nelle case private e vengono ricordati due soprannomi in particolare: “La faccibianca” e “La fanizza”. Gli intervistati hanno raccontato che quando un po’ tutti non si potevano permettere un mezzo di locomozione chi aveva esigenza di “fare i fatti propri in quel modo lì” si recava a piedi nella vicina Francavilla, anche al fine di cambiare minestra rispetto a quello che il mercato del proprio paese offriva. Solitamente ci si spostava in gruppetti di 3-4 amici e di sovente lungo la strada si incrociavano gruppi di francavillesi che a loro volta si portavano in Oria per lo stesso motivo. Come un rituale si scambiavano delle battute del tipo: “Dove andate? Cosa andate a fare? Noi andiamo…. Perché abbiamo saputo che è arrivata una scaglia (o stacca) forestiera che è la fine del mondo.” E gli altri subito a rispondere: “Si? Dove? Ma che dite…. Una fesseria? Noi siamo del posto e non sappiamo niente!” Successivamente chi si poteva permettere di spendere qualche risparmio si comprava la bicicletta e durante gli spostamenti, sempre in gruppo, si facevano gli stessi incontri e le stesse battute. Il boom degli anni sessanta - settanta consentì altresì di motorizzarsi e di andare oltre i confini provinciali… Taranto e Bari… alla ricerca delle novità nel settore. In occasione di uno di questi viaggi rimase tragicamente coinvolta in un grave incidente stradale, nei pressi di Valenzano (BA) l’auto di tre oritani (uno sposato con moglie e figli e gli altri due single, zitelloni, uno dei quali morì e l’altro rimase semiparalizzato).
Chi aveva qualche soldino in più anziché accontentarsi delle vicine Torre e Francavilla si spostava nel capoluogo di provincia. Dove si trovavano "case" di prima, seconda, terza e quarta categoria, ovvero in ordine di importanza: la “Ernesta Rossi” ubicata al largo Palombo nell’attuale sede dell’Hotel Torino, munita di numerosi comfort; la “Carmela Monaco” sita in Via Cavour; il “12” che si trovava in Via Porta Lecce, oggi sede di palazzi ed infine “Mamma Santa”, ubicata tra Via Bastioni Carlo V e Via Porta Lecce.
La differenza maggiore riguardava i prezzi e l’eleganza della struttura, oltre ovviamente alla qualità e l’eleganza delle meretrici. Ogni tanto la direttrice mandava le operatrici (più o meno vestite) nelle sale d’attesa per invogliare i clienti. Le case erano aperte anche di giorno e di sovente studenti (figli di papà) ultraventenni che avevano fatto “filone” a scuola passavano lì il loro tempo.
Sei erano le prostitute più famose a Brindisi negli anni “50: Filomena Campana, Maria la Brindisina, Esterina, le sorelle Leda e Lisetta, Lucia Carbone e Adua la milanese. Tutte resistettero alla legge Merlin e continuarono a lavorare fino a tarda età.
Maria (la brindisina appunto) ispirò negli anni ottanta tre autori a scrivere e pubblicare un apposito libro dal titolo “MARIA (la brindisina) E GLI ALTRI”, più volte ristampato. Della terna di autori faceva parte il compianto Pino Indini, ideatore ed autore di quel simpaticone di “Coco Lafungia”.
La stessa Maria ha altresì ispirato un professionista tuttora vivente, l’avvocato Ennio Masiello, il quale ha scritto la seguente poesia (pubblicata in questi giorni sul quotidiano Senzacolonne, insieme alle notizie innanzi citate).

Signorina dolcissima Maria,
di nome e non di fatto signorina,
sia in centro che nella periferia,
nota come Maria la brindisina,
o mercenario amore mio carnale,
io voglio dedicarti un madrigale.
Che solo tu, sia detto in confidenza,
in ogni incontro, in ogni discussione,
con gli argomenti a tua disposizione,
rappresenti l’indigena avvenenza.
Lascia che te lo dica con rispetto:
lu tua no è nu piettu, è un doppiopetto.
Schiva di onori e di pubblicità,
le pubbliche funzioni hai esercitato,
prima del tuo riflusso nel privato,
dando lustro e decoro alla città.
Per non parlar delle virtù patriottiche,
di te che, sempre generosamente,
fino dai tempi dell’impresa libica,
sollevasti il morale al combattente,
la tua virtù immolando a prezzi modici,
eroina ammirevole del 12.
Pensandoti il ricordo torna vivo,
a quand’ero studente e giovanotto,
della rivolta del ‘68
ma di quella dell’anno successivo,
e tu, materna, col tuo grande cuore,
m’iniziavi alla vita e all’amore.
Il tempo passa e la beltà cancella
sordo alla vetustà, alla grazie sordo
ma tu, Maria, rimani sempre bella,
bella della bellezza del ricordo
e nel mio sogno sempre più mi piaci,
col neo dipinto e con il “tirabaci”.
Cambia la vita, i tempi son diversi, altra è la gioventù., altra la gente.
Che cosa resta del passato? Niente!
Ed è perciò che a te questi miei versi
dedico con rimpianto e nostalgia, signorina dolcissima Maria.
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