giovedì 15 settembre 2016

ORIA ...... E LE FESTE RELIGIOSE. Qualcosa contrasta con le disposizioni dei vescovi pugliesi.

Mi riferisco in particolare al testo color blu del seguente documento della

Conferenza Episcopale Pugliese   
“LE NOSTRE FESTE”  Nota pastorale su le feste religiose popolari  nelle Chiese di Puglia .
Fonte: QUI
 
Introduzione  “Nella prospettiva di una nuova evangelizzazione, anche la religiosità popolare pugliese deve superare la debolezza del particolarismo, con la ricerca del vantaggio del proprio gruppo, della propria “famiglia”, per orientarsi più responsabilmente verso la crescita della comunità ecclesiale e la limpidezza dei rapporti nella comunità civile” (1). 
Facendo eco a quanto emerso dal primo convegno ecclesiale delle Chiese di Puglia e in linea di continuità con quanto già disposto da questa Conferenza Episcopale in materia di feste religiose (2), vogliamo ora prendere in considerazione all’interno del capitolo della pietà popolare, le feste religiose, patrimonio immenso di fede e devozione della nostra gente di Puglia. 
Consapevoli come siamo che “una mentalità pastorale nuova”(3) da assumere risponde a un preciso grave compito dei pastori, la presente Nota intende offrire a tutte le comunità ecclesiali un contributo di pensiero e di azione al fine di promuovere e orientare evangelicamente le nostre feste popolari, rivestite non poche volte di un ritualismo di dubbia e ambigua provenienza. Il profilarsi all’orizzonte del Giubileo del 2000, evento spirituale di grande rilievo per la nostra fede non disgiunto anch’esso da manifestazioni tradizionali, costituisce un impellente invito a porre nel suo giusto alveo le espressioni esteriori del nostro sentire religioso in vista della comunione e della testimonianza da realizzare sempre di più tra le comunità ecclesiali di Puglia. Vuol essere questo il senso della presente Nota.   
LA FESTA  Aspetti dottrinali 
1. La festa: dono di Dio, bisogno dell’uomo. Dono di Dio e irradiazione della sua eterna bellezza, la festa è nell’uomo come scintilla di quella increata festa del cielo; frammento di eternità rinchiuso nel cuore dell’uomo; forza vitale di insopprimibile e prepotente bisogno, si che l’uomo non può vivere senza di essa. 
Impastato di eternità e gratuità, l’uomo sente nel profondo del suo essere la nostalgia della festa senza tramonto e avverte sempre di più l’inappagamento dei suoi irresistibili bisogni interiori. Cristo è la festa dell’uomo, la festa della Chiesa, popolo di convocati alle nozze dell’Agnello. In Lui la speranza è certa, le attese sono realizzate in pienezza.
 E se nel Signore, vincitore della morte e amante della festa, l’uomo realizza la sua nativa vocazione alla festa, egli la esprimerà immergendosi in essa per assumerla nella esuberanza dei sentimenti e degli atteggiamenti. 
Pertanto, fedele all’Incarnazione nella sua dimensione personale e comunitaria, la festa esprime la lode e la gratitudine dell’uomo a Dio. Il popolo che festeggia Gesù Cristo, la Vergine Maria e i Santi si raccoglie intorno ad autentici modelli di vita e viene aiutato a costruire la sua unità sulla base di quei valori che, radicati nella sua storia ne costituiscono la vera forza unificante sul piano culturale e sociale. 
Nel discorso rivolto a noi Vescovi di Puglia, durante la visita ad limina del 1981, Giovanni Paolo II ci ricorda che la pietà popolare è:  “...la vera espressione dell’anima di un popolo in quanto toccata dalla grazia e forgiata dall’incontro felice tra l’opera di evangelizzazione e la cultura locale... ”. 
Perciò, egli ci esortava a purificare ed evangelizzare la pietà popolare, evitando il rischio di svalutarla. E, ne dava ragione con le seguenti affermazioni: “Assecondando una certa moda svalutativa della religiosità popolare, si corre il rischio che i quartieri, i paesi ed i villaggi, diventino deserto senza storia, senza cultura, senza religione, senza linguaggio, senza identità, con conseguenze gravissime”.   
2. Le feste religiose popolari in Puglia. Consapevoli poi che ogni festa e soprattutto quelle popolari vengono celebrate con gli elementi propri della spettacolarità e delle tradizioni folcloriche, preme ricordare il principio già noto della fedeltà a Dio e all’uomo, al fine di evitare ogni inadeguatezza o elementi fuorvianti il significato religioso della festa. 
Le Chiese di Puglia, diverse per storia e geografia, recano tuttavia il segno di un denominatore comune. In esse infatti, la fede la si sente e la si esprime con i colori delle stagioni, con i toni della festa popolare e con la manifestazione appassionata dei sentimenti religiosi. E poiché all’occhio del profano ciò potrebbe apparire come mera ostentazione e appariscente esteriorità, sarebbe ingiusto sottoscriverlo. 
Tuttavia è opportuno non chiudere gli occhi su elementi estranei o ambigui e su abitudini distorte e consolidate, sfocianti su anacronismi evidenti nella organizzazione e nello svolgimento di dette feste: aspetti questi che, non poche volte, fanno acquisire modalità contrarie al messaggio evangelico e allo stile ecclesiale.   
3. Festa per Dio. La fedeltà a Dio, come principio ispiratore di ogni manifestazione religiosa, esige che ogni festa deve essere un momento forte di evangelizzazione teso a coinvolgere in ogni modo, vicini e lontani, Memori di quanto già abbiamo avuto modo di richiamare in altra circostanza, ribadiamo: “Per un errato senso di modernità, per l’intromissione di persone preoccupate più dell’apparato, [...] per il prepotere di comitati non sensibili ai valori morali e religiosi, le feste religiose spesso si sono trasformate in  occasione di sperpero di denaro, di dissipazione o, peggio, di peccato. Se mediante una opportuna catechesi le nostre comunità comprenderanno la dimensione ecclesiale e il valore educativo della festa religiosa, il nostro appello sarà accolto da tutti con docilità e vedremo così rifiorire feste religiose come autentiche manifestazioni di pietà popolare”. (4) 
3.1   La pietà popolare - importante fattore che evidenzia le radici socio- culturali delle nostre popolazioni - troverà il suo naturale humus nella Parola che giammai deve essere omessa nelle consuete forme della tradizione. 
3.2   Sarà infatti la Parola di Dio ad orientare la pietà popolare con i suoi ricchi valori di cui essa è portatrice: sete di Dio; generosità e sacrificio fino all’eroismo; senso acuto degli attributi profondi di Dio; vivo senso della Croce nella vita quotidiana, pazienza, distacco, apertura agli altri, devozione (5). In tal senso, si assumerà il Lezionario come fonte di ispirazione per l’evangelizzazione e la catechesi al popolo. 
3.3   Se la pietà popolare deve essere animata dalla divina sapienza, essa non può prescindere dalla liturgia, da cui in qualche modo deriva e a cui è orientata (cfr. SC 13), e dai suoi tempi con i quali deve essere in armonia. Una pastorale che vuol essere fedele a Dio e alla sua Chiesa vede nell’anno liturgico il fondamentale itinerario di fede della sua comunità cristiana il cui centro è Cristo. Ogni forma di sovrapposizione o arbitraria riduzione è intollerabile. 
3.4   Va studiato perciò tempestivamente il trasferimento di una festa religiosa popolare, ricordando che la festa del Santo deve essere celebrata nel giorno in cui cade - secondo il calendario liturgico (6) - senza intaccare il valore primordiale della domenica, giorno del Signore, o le domeniche del tempo di Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua. (7) 
3.5   Nell’ ambito della preparazione alla festa del Santo, la messa non venga assunta come unica espressione abituale dell’assemblea celebrante. E’ il momento invece di utilizzare forme alternative all’eucaristia, proponendo preferibilmente celebrazioni della parola, liturgia delle ore oltre che pii esercizi. Non è mai opportuno distruggere quel patrimonio di preghiere e musiche prodotto nel tempo, come espressione di fede e cultura di una fervida e vivente tradizione delle nostre comunità ecclesiali. Una saggia pedagogia religiosa vuole che si purifichi integrando con elementi nuovi. 
3.6   Il pressante invito alla conversione della vita, sfociante nella celebrazione del sacramento della penitenza, è parte integrante ed essenziale di ogni festa religiosa popolare. Una festa che non nasce dal cuore rinnovato non sarà mai festa. Pertanto, si inserisca nel programma della festa una celebrazione comunitaria del sacramento della riconciliazione. 
3.7   La processione, segno emergente nella ritualità della festa religiosa popolare, deve mantenere il suo carattere sacro evitando ogni commistione con realtà profane. Al fine poi di evidenziare sul piano del segno liturgico il valore della processione come espressione di un popolo in cammino, essa deve essere animata da canti, brani biblici e preghiere.   
Se poi le processioni si dovessero ridurre “a cortei di pochi, occorre eliminarle coraggiosamente, tenendo anche presente che il moltiplicarsi eccessivo di esse porta fatalmente a una certa svalutazione e a un decadimento nel ritualismo”. (8) 
3.8   Illuminante e di sicuro orientamento è il richiamo di Giovanni  Paolo II   in  Catechesi Tradendae cui ci si ispirerà nella prassi pastorale.  
“ Un’altra questione di metodo concerne la valorizzazione da parte dell’insegnamento catechetico, degli elementi validi della pietà popolare. Io penso a quelle devozioni che son praticate in certe regioni dal popolo fedele con fervore ed una purezza d’intenzione commoventi, anche se la fede, che vi sta alla base, deve essere purificata e perfino rettificata sotto non pochi aspetti. E penso a certe preghiere facili da comprendere, che tante persone semplici amano ripetere. E penso a certi atti di pietà, praticati col desiderio sincero di far penitenza o di piacere al Signore. Alla base della maggior parte di queste preghiere o di queste pratiche, accanto ad elementi da eliminare, ve ne sono altri i quali, se ben utilizzati, potrebbero servire benissimo a far progredire nella conoscenza del mistero di Cristo e del suo messaggio: l’amore e la misericordia di Dio, l’incarnazione del Cristo, la sua croce redentrice e la sua risurrezione, l’azione dello Spirito in ciascun cristiano e nella Chiesa, il mistero dell’aldilà, le virtù evangeliche da praticarsi, la presenza del cristiano nel mondo, ecc. E perché dovremmo far appello a certi elementi non cristiani - e perfino anticristiani  -, rifiutando di appoggiarsi su elementi, i quali, anche se non han bisogno di essere riveduti ed emendati, hanno qualcosa di cristiano alla loro radice ?” (n. 54).  
  
LA FESTA  Aspetti normativi  
4. Festa per l’uomo. La fedeltà all’uomo, come legittima naturale esplicitazione della fedeltà a Dio, esige che: 
4.1   La festa per essere vera deve promuovere al suo interno per irradiarsi poi all’esterno i valori dell’autenticità e dell’essenzialità; della coerenza e della trasparenza; della fraternità e della disponibilità al servizio. Sicché, ogni sorta di mistificazione diventa controindicazione della festa stessa. 
4.2   L’apparato esteriore - luminarie, fuochi pirotecnici, bande- pur esigito dalla festa popolare, deve essere sobrio, non in dissonanza col vangelo e con le esigenze di giustizia. Ogni spreco in tal senso potrebbe suonare offesa a che vive nell’indigenza  o nella miseria, non dimenticando mai che Lazzaro è sempre alla porta. (Lc 16,20) 
4.3   L’attenzione alle diverse povertà e ai poveri presenti nelle nostre comunità sarà messa perciò in debita luce attraverso gesti significativi e concreti: è questo un modo esemplare per trasmettere i contenuti della festa ed educare i fedeli ai valori essenziali della festa stessa.   
La festa religiosa popolare è e deve apparire come il luogo della carità. Sicché tra le “voci prime” del programma delle festa, deve risultare quella della carità, in linea con la tradizione biblica e cristiana di “mandare porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro”. (Ne 8,10) 
 4.4   Nel programmare le spese ci sia “gusto evangelico”, onde garantire un dignitoso apparato esterno, senza eccedere nello spreco. (9)   Non è permesso, pertanto, invitare gruppi musicali, cantanti, artisti che con le loro proposte nulla hanno in comune con lo spirito evangelico di cui le feste sono portatrici. Si auspica invece che dalle nostre comunità ecclesiali vengano fuori nuove forme di manifestazioni culturali, promozionali del genio di ogni paese e più aderenti alla sensibilità contemporanea. 
Ribadiamo con fermezza quanto già disposto da questa Conferenza: è vietato fare aste pubbliche per portare la statua di un santo; chiedere offerte nel corso della processione; esibire denaro sui simulacri; far sostare la processione in vista dei fuochi d’ artificio. 
4.5   Non è consentito omologare alla festa patronale - con apparato esterno e richieste di offerte - tutte le altre feste parrocchiali o confraternali. Onde evitare inopportune concorrenze e comunque spreco, si fa obbligo a tutti gli altri comitati , che non sia quello patronale, di non questuare per il paese, ricordando che una sola è la festa patronale.  Coloro poi che sono preposti a tale compito porteranno un segno di riconoscimento e rilasceranno regolare ricevuta di quanto è stato loro dato. 
4.6   Gli altri comitati parrocchiali o confraternali sono autorizzati a raccogliere offerte solo nell’ambito del territorio parrocchiale o all’ingresso della Chiesa in cui si festeggia il santo, ribadendo l’obbligo di contenere all’essenziale ogni espressione di esteriorità. 
4.7   E’ d’obbligo ricordare che il pullulare di più feste nelle nostre comunità ecclesiali e il desiderio di istituirne altre, destano una seria preoccupazione pastorale. Pertanto, si fa presente che nessuna nuova festa esterna può essere istituita, senza il consenso scritto dell’Ordinario diocesano. Per le feste patronali è consentito il trasferimento alla domenica solo nel tempo ordinario, secondo le consuetudini locali. 
4.8   Perché la presente Nota trovi rispondenza piena nella sua attuazione, va seriamente presa in considerazione la costituzione del Comitato. Esso deve essere espressione delle varie categorie cittadine (= festa patronale) o emanazione del Consiglio pastorale (= feste parrocchiali e confraternali) e si avvarrà di persone cattoliche, abitualmente praticanti e sulle quali non ci deve essere ombra di sospetto o di interessi personali o privati. 
Il comitato, nel suo costituirsi, deve essere debitamente approvato dalla competente autorità ecclesiastica (10).  Tanto è da intendersi sia per il comitato feste patronali che per quello parrocchiale e confraternale. 
4.9   La gestione economica della festa, ispirata a criteri di limpida trasparenza, è finalizzata ad onorare tutte le spese relative alla festa nelle sue diverse espressioni. E’ d’obbligo contribuire alle opere diocesane con un versamento da effettuare alla propria curia, secondo il tariffario pugliese vigente nonché inviare alle rispettive  curie copia di bilancio consuntivo di tutte le uscite  e le entrate della festa. 
4.10  Per tutti gli altri aspetti giuridico- amministrativi attinenti i comitati, ogni Ordinario diocesano si riserva di precisarne i tempi e i modi della gestione alla luce di consolidate tradizioni locali. 
 4.11  La presente Nota, ai sensi e per gli effetti del can. 8 § 2 del CJC entra in vigore dopo un mese dalla data della sua pubblicazione, previa illustrazione dei suoi contenuti dottrinali e disciplinari.    
Conclusione  
La pietà popolare, crocevia tra cultura e liturgia, perché espressione della inculturazione delle fede e forma propedeutica al mistero, costituisce per le nostre Chiese di Puglia una ricchezza di fede e cultura. 
Con la sua attenzione ai valori di solidarietà e giustizia sociale, con la sua osservanza di tempi e spazi rituali e con i suoi consequenziali impegni, la pietà popolare apre la strada alla cosiddetta religione del cuore, come autentica adesione di fede alla proposta di Dio. 
E se, per lunghissimo tempo, essa è stata quasi l’unica forma di pietà accessibile al popolo cristiano, escluso come era dalle ricchezze della liturgia, ora, ricondotta nel suo alveo originario- la liturgia - deve esprimere la religione praticata, investendo l’uomo nella sua totalità e nella sua interezza. 
Il Giubileo del 2000 è un’occasione propizia per riscoprire i genuini, “aurorali” valori della nostra fede nelle sue varie espressioni rituali, tra i quali emerge il pellegrinaggio come insieme simbolico di pietà popolare e liturgia. 
Fuori del perimetro sacro, il pellegrinaggio esprime gestualmente e coralmente, nella esuberanza  del suo linguaggio, la vicinanza alla natura e alla terra; rivela la speranza nell’avvento di un mondo futuro, come aspirazione di tutti gli uomini; manifesta nella sua concretezza e immediatezza il desiderio di camminare insieme verso Cristo, meta ultima del nostro pellegrinare e totale appagamento di ogni nostro desiderio. 
Questa Nota, che affidiamo a tutti gli operatori pastorali e a quanti sono preposti alla organizzazione delle feste religiose popolari, trovi un’accoglienza positiva per una piena e necessaria unità di intenti, fondamentale premessa per crescere insieme in Puglia. 
La Madre di Gesù, onorata dalla nostra gente nella diversità dei titoli e i Santi patroni delle nostre chiese locali e tutti i Santi intercedano per noi. 
Molfetta, 4 febbraio 1998         I Vescovi di Puglia   

Note 
1) CEP,  Dalla disgregazione alla comunione. Nota Pastorale dei vescovi dopo il Convegno Ecclesiale  “Crescere Insieme in
Puglia”, 11. 1. 1994, 1
2) CEP, Direttive dei Vescovi di Puglia sulle feste religiose, Molfetta 3.4. 1979.
3) CEP, Dalla disgregazione, 1.
4) CEP, Direttive.
5) cfr. PAOLO VI, “Evangelii Nuntiandi”, 48
6) PAOLO VI, Lettera Apostolica “Mysterii Paschalis”, 56.
7) cfr. SC 106-107.111
8) CEP, Direttive.
9) CEI, Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza. Nota pastorale, 4.10.1994, 11.
10) cfr. CEP, Direttive.      





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